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giovedì 29 dicembre 2011

JACQUES-LOUIS DAVID

29 Dicembre 1825, moriva a Bruxelles Jacques-Louis David, pittore francese che con le sue opere diventerà uno dei cardini del Neoclassicismo non solo per la Francia, ma addirittura europeo.
"L'antichità non mi sedurrà, manca il brio e non commuove": queste le parole che, sul punto di partire per Roma, pronunciò il giovane David.
Nacque in un'agiata famiglia di commercianti e fin da subito dimostrò la predisposizione per la pittura. Dopo la morte del padre, ucciso in duello nel 1757, David venne affidato alla protezione dellafamiglia materna e ebbe così la possibilità di accedere all'accademi reale di pittura. In questo periodo affrontò i suoi primi studi pittorici a tema mitologico e ancora decisamente legati allo stile rococò.
Nel 1774 vinse all'interno della scuola il "Prix de Rome", una sorta di borsa di studio destinata ai migliori allievi della scuola che consentiva un soggiorno a Roma presso l'Accademia di Francia. Il pitore rimase in Italia fino al 1780.
Nonostante le prime affermazioni contrarie all'arte classica, il soggiorno a Roma si dimostrò per il pittore un'esperienza crucile, che, cambiando la sua visione sull'arte classica, lo avvicinò in maniera sorprendente ad essa, tanto che questa divenne non solo un esempio formale da seguire, ma anche un modello di virtù, di civiltà e di equilibrio da riproporre nelle sue opere.
Nel 1785 venne esposto al Saloon parigino "Il giuramento degli Orazi" (cm 330 x 425, Musée du Louvre, Parigi) , acclamato come il più bel quadro del secolo e considerata il manifesto del neoclassicismo europeo.


Commissionato dal conte d'Angivilier per conto del re di Francia, il quadro fu esposto per la prima volta presso lo studio del pittore nella capitale vaticana, a Palazzo Costanzi, presso Piazza del Popolo. La tela venne poco dopo trasferita a Parigi, dove rimase al Salon del 1785 durante gli ultimi giorni di apertura.
Il soggetto è tratto da una leggenda romana, secondo cui per decidere l'esito della guerra tra Roma e Alba Longa, tre fratelli romani (gli Orazi) si dovettero scontrare contro tre fratelli di Alba (i Curiazi). Lo scontro terminò con la vittoria degli Orazi.
Sulla scena sono rappresentati i tre fratelli Orazi pronti al combattimento. Le figure sono tutte allineate sullo stesso piano ed inserite in un austero scnario architettonico costituito in un portico a tre arcate sorretto da colonne: ogni arco inquadra un gruppo di personaggi, i tre fratelli, il padre e le donne piangenti. Si nota in tutta l'opera una rigida struttura compositiva studiata su modelli geometrici che fondono unità e prescisione, e legano le figure allo sfondo. La scena è suddivisibile in una quantità enorme di triangoli tracciabili da molti punti del quadro: il triangolo più evidente è rappresentato dalle braccia, le spade e il corpo del padre; una metafora inserita da David che ha voluto collegare i tre momenti fondamentali della vita di un romano: l’adolescenza, la guerra e la saggezza senile. Anche i colori contribuiscono a creare un gioco di contrasti: le note scure dello sfondo si contrappongono ai colori vivi dei personaggi, sottolineando così la drammaticità dell'evento. La stesura pittorica è compatta, ben lontana da quella vibrante ricercata nei quadri rococò. E' un'opera che non dimostra intenti edonistici o eccessi decorativi. I tre giovani giurano massima fedeltà e grande onore alla loro famiglia ricevendo in seguito le armi consegnate dal padre, spade che diventano il centro focale di tutto il quadro, da cui scende un drappo rosso che investe il padre degli Orazi. In netto contrasto psicologico con il tema drammatico della guerra, le donne, non più legate a temi mondani, ma partecipanti dell'intero significato dell'opera. Le donne de "I giuramento degli Orazi", secondo la vicenda congiunte ad entrambe le famiglie, anticipano la tragica sorte che attende alla battaglia. Vi è l'esplicita volontà di David di creare un'opera in cui la storia degli antichi, e non più i motivi mitologici usati dai precedenti artisti, esalti i valori eroici e di rigore.
Gli orazi rappresentano così un'anticipazione degli ideali rivoluzionari che da lì a poco investiranno gli animi dei francesi: stiamo parlando della ben nota rivoluzione del 1789.

David, infatti, partecipò alla rivoluzione francese in prima persona. Nel 1792 fu eletto deputato della Convenzione nazionale, quindi membro della Pubblica Istruzione e del Comitato di sicurezza generale: divenne il vero rappresentante artistico della rivoluzione.
Sue opere quali "La morte di Marat" (cm 165 x 125 , Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles) del 1793, dipinto ad olio su tela in cui celebra gli eroi-martiri della causa rivoluzionaria. Qui David non si affida più alla storia di Roma ma l'intento rimane lo stesso: fornire un chiaro esemoio di integrità morale ed educativo.

L'opera raffigura Jean-Paul Marat, una delle menti della Rivoluzione francese, riverso nella vasca (dove si immergeva per alleviare i dolori causatigli da una dermatite), pugnalato a morte da Charlotte Corday D'Armont. La giovane era andata da lui con una lettera (ancora visibile tra le mani di Marat) nella quale gli chiedeva una grazia, a tradimento.
Marat è rappresentato come un martire, quasi un santo, della rivoluzione: ogni oggetto presente nel quadro assume una funzione simbolica e di reliquia. Il corpo, e particolarmente il braccio, richiama evidentemente la posa del "Cristo deposto" dipinto da Caravaggio, il coltello è lasciato a terra dall'assassina e tutta la scena dipinta rappresenta nonil momento cruento dell'omicidio, ma l'attimo immediatamente seguente, eliminando così i dettagli della cronaca  e del superfluo e lasciando spazio all'eroicità del sacrificio. Su di una cassa di legno di fianco alla vasca, è scritto il laconico omaggio dell'artista: "À Marat, David".
La neoclassicità dell'opera si scopre anche nel dettaglio del viso dello stesso Marat: l'espressione non trasmette la drammaticità della morte e Marat sembra quasi sorridere, caratteristica tipica delle sculture dell'arte greca. La pennellata è precisa, accademica, fine in ogni suo dettaglio.

Dopo il colpo di stato termidoriano e la messa a fuori legge dei seguaci di Robesiperre (27 Luglio 1794), David fu imprigionato fino alla fine dello stesso anno. Una volta uscito, David si distaccò dalla politica per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Come molti si contemporanei vide in Napoleone il continuatore della rivoluzione francese e, affascinato dal suo personaggio, decise di divenirne il pittore ufficiale.
Emblematico è il quadro "Bonaparte che valica il San Bernardo" dipinto nel 1800.


Così il suo linguaggio si fa meno severo e più idealizzante. Bonaparte è ritratto mentre incita i suoi durante la traversata del valico del San Bernardo che li porterà alla vittoria sugli austriaci a Marengo. La posa ricalca quella di un monumento equestre: qui l'intento è quello di identificare Napoleone con l'immagine idealizzata di un condottiero. Proposito sottolineato dal richiamo ad Annibale e Carlo Magno, i cui nomi sono scolpiti sulle rocce insieme a quello di Bonaparte.
Da questo momento in poi tutte le opere del pittore saranno legate alle vicende dell'impero. Con la disfatta di Waterloo, la stagione artistica di David si arrestò e questi scelse un volontario esilio. Morì il 29 Dicembre del 1825, in un banale incidente, uscendo da teatro.

http://it.wikipedia.org/wiki/Jacques-Louis_David

http://www.centroarte.com/David%20Jacques%20Louis.htm

martedì 27 dicembre 2011

L'ARTE COME LINGUAGGIO DELL'UMANITA'

Un'acuta e brillante riflessione sul ruolo dell'arte all'interno della società e come linguaggio dell'umanità

An acute and bright reflection on the role of the art inside the society and as language of the humanity (link to italian article)

http://www.anoilaparola.it/ultimi-articoli/nuovo-viaggio-di-hyperion-per-salvare-larte-come-linguaggio-dellumanita

L'ANFITEATRO FLAVIO

In questi giorni cominciare un nuovo blog sull'arte e sulle sue opere, non può esimerci dal richiamare l'ennesima prova delle scarsa cura che  è oramai prassi per i beni culturali italiani. Roma, giorno di Natale, Colosseo. Durante le feste la notizia del crollo di un pezzo di travertino dal cornicione esterno del terzo ordine che fortunatamente non ha causato feriti, e il distacco di una transenna interna, probabilmente causato dall'appoggiarvisi di un turista.
Gravi mancanze per un monumento che è stato riconosciuto come una delle nuove sette meraviglie del mondo moderno (decretate a  Lisbona il 7 luglio 2007, data scelta per la ricorsività del numero 7 dal NOWC), e che comunque parla da solo della sua importanza e magnificenza.
E poveretti il turista e il piccione che hanno dovuto tendere la mano al posto della cattiva manutenzione che dalla sua nascondeva il sasso.
Carenze che però si spera verranno colmate a partire da Marzo del prossimo anno, quando dovranno partire i lavori di restauro finanziati da Diego Della Valle, patron della Tod's, in accordo con il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la Sopraintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma.
Ma ora passiamo a parlare del monumento.

Il Colosseo, o Anfiteatro Flavio, sorge nella zona che all'epoca di Augusto era la terza regione di Roma, tra l'Esquilino e il Celio. Quest'area faceva parte probabilmente già delle più antiche organizzazioni preurbane e urbane, il Septimontium, e della città serviana delle quattro regioni: essa infatti era inclusa tra le mura serviane. Più tardi l'intera zona fu inglobata nella Domus Aurea di Nerone che ne modificò radicalmente l'aspetto distruggendo le numerose case private e unficando in uno spazio continuo tutta l'area compresa tra Palatino, Esquilino e Celio, da risevare alla domus dell'imperatore. Al centro di essa sorgeva lo stagnum Neronis, un lago artificiale, circondato da boschetti, giardini e padiglioni, proprio nel luogo dove si costruirà poi il nostro monumento. Con i Flavi infatti la zona venne restituita all'uso pubblico e la costruzione dell'Anfiteatro Flavio, con le sue numerose dipendenze, ne fu il segno tangibile ( il precedente anfiteatro di Roma, quello di Statilio Tauro, era stato distrutto nell'incendio del 64 e Nerone aveva provvisto solo a ricostruirne uno in legno nel Campo Marzio).
I lavori ebbero inizio nei primi anni del regno di Vespasiano. La presenza del bacino artificiale neroniano, una volta svuotato dall'acqua, permise di ridurre al minimo i lavori per lo scavo delle fondamenta (una sorta di quinto piano sotterraneo costituito da un'immensa platea di calcestruzzo sulla quale poggiano tuttora pilastri in travertino). Il Colosseo, non ancora terminato, fu dedicato una prima volta da Vespasiano prima della sua morte. Secondo una tarda cronaca del IV secolo, i lavori sarebbero giunti allora solo fino al terzo ordine delle gradinate, e al secondo ordine esterno. Tito portò a termine i lavori, e nell'80 fece una seconda grande inaugurazione, durata cento giorni, nella quale vennero sacrificati ben 5000 animali.
Lavori di rifinitura vennere eseguiti da Domiziano che, secondo la stessa cronaca, li condusse "fino agli scudi" che decoravano l'ultimo ordine esterno. Probabilmente Domiziano intervenne anche per la creazione dei sotterranei in muratura dell'arena dato che da allora non si hanno più notizie di naumachie (battaglie navali) svoltevisi all'interno (prima attestate): da allora in poi l'arena sarà riservata ai giochi gladiatori (munera) e alle cacce degli animali selvatici (venationes).



MODELLO IN LEGNO DI C. LUCANGELI E P. DALBONO, FINE XVIII secolo

Quanto a dimensioni, l'altezza dell'anello esterno dell'anfiteatro è di circa 80 metri; il diametro maggiore dell'ellisse ne misura 188, il minore 156. L'anello esterno, completamente di travertino e conservato per circa due quinti della circonferenza, comprende quattro piani sovrapposti: i primi tre sono costituiti da arcate inquadrate da semi colonne, tuscaniche quelle di primo piano, ioniche quelle di secondo, corinzie quelle di terzo. Un quarto piano cieco è scompartito da lesene, anch'esse corinzie. Ogni due scomparti si apre una finestra quadrata, una serie di mensole (tre per ogni scomparto) sono inserite al di sopra delle finestre: servivano per sostenere il grande velario a spicchi che era destinato a riparare gli spettatori dal sole. Il velario veniva manovrato da una squadra militare del porto navale di Miseno che stanziavano in un apposito edificio nelle immediate vicinanze dell'anfiteatro (Castra Misenatium). A una certa distanza dall'edificio sono ancora infissi alcuni grandi cippi di travertino concentrici all'anfiteatro e destinati alla manovra del velario: i gossi fori di cui erano provvisti servivano a fissare gli argani necessari per mantenere in tiro i cavi della copertura.
Quello che resta della cinta esterna (sul lato nord) è contraffortato alle due estremità da muraglioni, costruiti dal Valadier nel 1820, per ordine di Pio VII. I numerosi fori che si possono vedere su tutta la facciata tra i giunti dei blocchi furono praticati nel Medioevo per recuperare i perni di ferro.


Le ottanta arcate del pianterreno davano accesso alle scalinate e tramite a queste a vari settori della cavea. Sopra ad ognuno degli archi superstiti (tutti eccetto i quattro ingressi in corrispondenza agli assi principali) è ancora indicati il numero progressivo che doveva corrispondere al numero del biglietto (tessera) di cui ogni spettatore era munito. Sull'ingresso settentrionale si notano ancora le tracce di un portichetto che servivano ad enfatizzarne l'importanza e sulla volta del corridoio corrispondente rimangono tracce di stucchi figurati: questo era l'ingresso d'onore che portava alla tribuna imperiale, collocata al centro del lato nord.

Una volta entrati, si attraversano i cinque ambulacri concentrici coperti con volte a botte e poggianti su massicci pilastri di travertino che costituiscono il primo piano della cavea.
L'interno del Colosseo, semicrollato e privo di tutte le gradinate, presenta lo spazio visbile dei sotterranei dell'arena, scoperti una volta crollato il piano di calpestio. I sotterranei, costruiti da Domiziano, ospitavano tutti i servizi necessari per il normale svolgimento dei giochi (macchinari, belve, armi,ecc.). Nei loro muri perimetrali si aprono 30 profonde nicchie, forse destinate a dei montacarichi a contrappeso, usati per innalzare belve e gladiatori fino al livello dell'arena. Tre muri concentrici, aperti in più punti, formavano altrettanti corridoi anulari al margine dell'arena. Al centro, i tramezzi divengono rettilinei, paralleli all'asse principale dell'ellisse: quattro per parte, delimitano alcuni corridoi, il più ampio dei quali corrisponde all'asse centrale. Qui sono ancora visibili le tracce delle imposte che servivano a far comparire enormi scenari sull'arena (come colline, foreste e altri elementi scenografici) durante le vantiones, come ricordato da numerosi scrittori coevi.

L'arena doveva essere coperta nella parte centrale da un tavolato ligneo (nel 217 d.C. un violento incendio ebbe cuore proprio qui). Tra la cavea e l'arena veniva fissata una pesante rete di protezione, dotata sulla cima di zanne di elefante a mò di spunzoni, per impedire alle fiere di scavalcarla. Alcune fonti ci narrano anche di una squadra di arcieri sistemata in un corridoio tra la rete e la cavea ad ulteriore protezione.
La cavea, che poteva contenere fra i 40.000 e i 70.000 spettatori, era divisa in cinque settori sovrapposti: dopo un gruppo di pochi gradini seguivano tre settori (maenania), mentre un quarto, con gradinate di legno, era alla sommità dell'Anfiteatro, coerto da un portico colonnato ligneo. Ogni categoria della popolazione poteva accedere solo ai settori ad essa destinati. I posti più vicini all'arena erano riservati alla classe senatoria, poi il primo meniano ai cavalieri, e così via, come attestato anche dalle iscrizioni incise sui gradini superstiti che, ordine per ordine, descrivono le varie categorie sociali. Al menanio superiore era riservato un settore solo per le donne. Le gradinate riservate all'ordine senatorio erano in marmo e i  posti erano asseganti personalmente: ogni posto presentava il nome del senatore corrispondente e, alla morte el quale, il nome ne veniva cancellato e sostituito da quello del successivo occupante: a noi rimangono i nomi degli ultimi senatori prima dell'abbandono della struttura dell'epoca di Odoacre.


L'edificio, colpito da incendi e terremoti, fu più volte restaurato. Si conoscono interventi di Nerva, Antonino Pio, Eliogabalo, Alessandro Severo e forse di Gordiano. Particolarmente ben documentati sono i restauri più tardi: quello di Costantino dopo un fulmine che lo colpì nel 320, e quello del prefetto Anicius Acilius Glabrio Faustus, dopo il terremoto del 429 d.C.
Questi eventi si intrecciano con varie sospensioni e limitazioni degli spettacoli a seguito dell'intervento degli imperatori cristiani: all'inizio del V secolo Onorio abolì per un periodo i giochi gladiatori, proibiti poi del tutto da Valentiniano II nel 438 d.C. Da allora si ebbero solo venationes. L'ultimo restauro attestato è quello di Odoacre che operò un totale rifacimento dei gradini dei livelli inferiori (quelli destinati ai senatori). Con Teodorico cessa completamente l'uso dell'anfiteatro: l'ultimo spettacolo di cui abbiamo notizia è ricordato da una lettera dell'imperatore al console designato Massimo, il quale chiedeva di poter festeggiare l'assunzione alla carica con una venatio, nel 523. Fu l'ultima volta.
Dal VI all' XI il Colosseo fu occupato dalla famiglia dei Frangipane, che ne faranno un castello.

"Finchè esisterà il Colosseo, esisterà Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; ma quando  cadrà Roma, anche il Mondo cadrà"
Beda il Venerabile

In these days to start a new blog on the art and  it works, cannot exempt us to recall the nth test of the scarce care that is by now routine for the Italian cultural goods. Rome, Christmas day, Colosseum. During the parties the news of the collapse of a piece of travertino from the external moulding of the third order that fortunately has not caused wounded, and the separation of an inside barrier, probably caused by the lean against of a tourist.
Heavy lacks for a monument that has been recognized as one of the new seven wonder of the modern (as decree in Lisbon July 7 th 2007 from the NOWC) world, and whom speaks alone however of it importance and magnificence.
Lacks that however will be filled beginning from March of next year, when the jobs of restauration must depart financed from Diego Della Valle, patron of the Tod's, in accord with the mayor of Rome Gianni Alemanno and the Sopraintendenza Speciale per i Beni Archeologici in Rome.

But we now give to speak of the monument.


The Colosseum or Amphitheater Flavio, rises in the zone that to the epoch of August it was the third region in Rome, between the Esquilino and the Celio. This area already made probably part some most ancient organizations preurbane and urban, the Septimontium, and of the city serviana of the four regions: it in fact it was included among the boundaries serviane. Later the whole zone was englobed in the Domus Aurea of Nerone that it modified of it radically the aspect destroying her numerous private houses and unified in a space I continue the whole inclusive area among Palatine, Esquilino and Celio, from reserve to the domus of the emperor. To the center of it the stagnum Neronis rose, an artificial lake, surrounded by groves, gardens and tents, really in the place where our monument will be built then. With the Flavis in fact that area was returned Flavio to the public use and the construction of the amphitheater, with its numerous dependences, it was the tangible sign of it (the precedent amphitheater in Rome, that of Statilio Tauro, had been destroyed in the 64 fire and Nerone it had alone reconstruct in wood one of it in the Field Marzio).

The jobs had beginning in the first years of the kingdom of Vespasiano. The presence of the artificial lake of Nero, once emptied by the water, it allowed to reduce to the least one the jobs for the excavation of the foundations (a sort of fifth underground floor constituted from an immense stage of concrete on which they still lean pillars in travertino). The Colosseum, not yet finished, a first time was devoted from Vespasiano before its death. According to a late chronicle of the IV century, the jobs would have come only then up to the third order of the staircases, and to the second external order. Tito completed the jobs, and in the 80 it made a second great inauguration, lasted one hundred days, in which were sacrificed well 5000 animals. The jobs finished by Domiziano that, according to the same chronicle, it conducted them "up to the shields" that they decorated the last external order. Domiziano probably intervened also for the creation of the undergrounds in masonry of the arena since her whe have no news of naumachie (naval battles): since then in then the arena it will be reserved to the gladiatorial games (munera) and to the huntings of the wild animals(venationes).


For dimensions, the height of the external ring of the amphitheater is of  80 meters; the greatest diameter of the ellipse measures the smaller one 188 of it 156. The external ring, completely of travertino and preserved for around two fifth of the circumference, he/she understands four overlapped floors: the first three are constituted by arcades framed by seeds columns, tuscanic those of first floor, ionic those of second, Corinthian those of bystander. A fourth blind floor is divided from injured of it, also them Corinthian. Every two compartments it opens a square window, a series of shelves (three for every compartment) they are inserted above the windows: served to sustain the great velario to segments that you/he/she was destined to mend the spectators from the sun. The velario was maneuvered by a military team of the I bring naval of Miseno that stay in a special building in the immediate proximities of the amphitheater (Castra Misenatium). To a certain distance from the building they are still fixtures some great cippis of concentric travertino to the amphitheater and destined to move of the velario: the gossis you perforate of which were they served to fix the necessary capstans to maintain in draught the cables of the coverage.
What stays some surrounded day-pupil (on the side north) is blocked to the two walls extremities, built by the Valadier in 1820, for order of Pious VII. The numerous holes that they can be seen on the whole façade among the joints of the blocks were practiced in the Middle Ages to recover the iron pivots.


The eighty arcades of the ground floor gave access to the stairways and medium to these to various sectors of the cavea. Above to each of the arcs survivors (all except the four entries in correspondence to the principal aces) it is still pointed out the progressive number that had to correspond to the number of the ticket (it enrolls) of which every spectator was provided. On the northern entry they are still noticed the traces of a arcad that served to emphasize its importance and on the time of the corresponding corridor there are traces of plasters imagine: this was the entry of honor that brought to the imperial gallery, situated to the center of the side north.


Once entered, the five concentric ambulatories are crossed covered with times to barrel and leaning on thick pillars of travertino that constitute the first floor of the cavea.

The inside of the Colosseum, collapsed partly and deprived of all the staircases, introduces the space visible of the undergrounds of the arena, open once collapsed the flooring. The undergrounds, built by Domiziano, they entertained all the necessary services for the normal carrying out of the games (machineries, beasts, weapons, etc.).



In their walls perimetralis open 30 deep niches, you perhaps destine to of the freight elevators to counterweight, used for raising beasts and gladiators up to the level of the arena. Three concentric walls, open in more points, formed as many corridors ring fingers to the border of the arena. To the center, the partitions become rectilinear, parallel to the principal axle of the ellipse: four for part, delimit some corridors the amplest of which it corresponds to the central axle. Here the traces of the taxes are still visible that served to make to appear enormous sceneries on the arena (how hills, forests and other elements) during the ventiones, as remembered by numerous latin writers.


LINK UTILI

Qui le foto in esclusiva per repubblica degli interni del Colosseo, sotterranei e vista dal terzo anello:
http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/11/04/foto/colosseo_roma_una_citt_un_impero-8733906/1/

Articoli correlati:

http://www.il-colosseo.it/ (sito ufficiale, con orari e possibilità di prenotare i biglietti on-line)

http://www.mibazaar.com/new7wonders/

http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/12/26/news/colosseo_pericolo_per_i_turisti_si_allenta_la_transenna_nel_terzo_livello-27234035/?ref=HREC2-1

http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/12/25/news/colosseo_cade_frammento_di_tufo_nessun_pericolo_por_i_turisti-27202203/

http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/01/21/news/roma_colosseo-11496211/

http://www.kerakoll.com/it/media/comunicati-stampa/dettaglio?DataId=DRPKQqvfjmJeVWiY-6rBpg;pid=-2Z_gzRBLQJ0okce9zzfKA;pn=2

http://astridrome.wordpress.com/2011/12/28/colosseo-coliseo-crollo-desprendimiento-colosseum-collapse/

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_gennaio_9/colosseo-antitrust-boccia-appalto-1902790937263.shtml

http://www.paesesera.it/Opinioni/S.P.Q.R.-Sara-Possibile-Questo-Restauro

http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2012/1/111639.html